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Le tre rose di Eva 2: Tv Soap intervista MARIO CORDOVA, new entry nella fiction

Introduzione di Roberto Mallò, intervista di Stefano Telese (pubblicata per gentile concessione di Mass Media Agency).

Mario Cordova, new entry della seconda stagione de Le tre rose di Eva, presta il volto al personaggio di Amedeo Torre.

Medico, l'uomo si trasferisce a Villalba in compagnia della moglie Veronica (Euridice Axen), donna affascinante molto più giovane di lui, e della figlia Elvira (Gaia Messerklinger). Di animo buono e gentile, instaura sin da subito un legame con le sorelle Taviani, al punto tale da far loro pensare che possa essere il padre biologico che non hanno mai conosciuto. Arriva nella serie per rimettere in funzione le vigne - ormai dismesse -  del castello di Pietrarossa, luogo angusto e tenebroso che porterà alla luce un segreto in grado di sconvolgere per sempre la vita di Aurora (Anna Safroncik). E chissà se nonna Ottavia (Paola Pitagora), da sempre unico punto di riferimento della giovane protagonista, non abbia volutamente nascosto qualcosa per non metterla ulteriormente in pericolo...

Mario Cordova, attore e doppiatore conosciutissimo, non è nuovo a fiction di questo genere: è stato, infatti, nel cast di CentoVetrine (2009-2010), de "L'onore e il rispetto" (2012), passando nel mentre per "Il segreto dell'acqua" (2011), "Angeli e Diamanti" (2011) "Squadra Antimafia 4" (2012). Con la professione di doppiatore è stato la voce di molte star internazionali come Richard Gere, Patrick Swayze, Chuck Norris e Mickey Rourke.

Mario Cordova, artista poliedrico. Quale tipologia di spettacolo preferisce e quale secondo lei le si addice di più?

Risposta difficile. Ogni forma ha il suo fascino, la sua particolarità.
Doppiare è meraviglioso perché alle nove del mattino sei un ricco finanziere con Geremy Irons, alle 13 un semplice proprietario di uno staordinario cane con Richard Gere e alle 16.30 sei Gatto Silvestro. Voglio dire che da un’ora all’altra viaggi da un corpo a un altro, da un continente all’altro, da un’epoca all’altra. Nel tempo di un “click”.
Ma quando fai l’attore a tutto tondo ti trasformi interamente, non sei più tu: un baffo, i capelli impomatati, il vestito giusto ed eccoti negli anni settanta e ora ti chiami Mancuso, boss della mafia. Magicamente non ti muovi più come prima, il gesto è più lento, controllato, lo sguardo fermo e intenso, la tua voce ha inspiegabilmente una timbrica più bassa e il tono è apparantemente più pacato, ma minaccioso. Le parole che ti escono dalla bocca sono storpiate: stai parlando in dialetto. Cosa preferisco? Risposta difficile, peccato sia impossibile fare entrambe le cose contemporaneamente.

“Doppiare è come suonare una partitura musicale, all’interno della quale hai infiniti spazi di creatività”. Il mondo del doppiaggio è un mondo che l’affascina? Quali particolari componenti le piacciono di questo mondo?

Esiste un patto tra il doppiatore e colui che vede un film, un patto non scritto che ha qualcosa di magico e inspiegabile. Pensate: noi andiamo a vedere un film di Richard Gere e sappiamo che l’attore sullo schermo è un attore americano, che in quella commedia si chiama Tom Jones e lo vediamo entrare, che so, nell’Empire State Building. Poi l’attore si rivolge a un altro attore e gli parla….. in italiano.!!!!.... e per noi è la cosa più normale del mondo!!!! Anzi, se parlasse in inglese salteremmo sulla sedia. Noi siamo convinti che Richard Gere stia parlando in italiano, nel momento esatto in cui sta muovendo la bocca. Ecco, questo patto è inspiegabile e magico, come dicevo.

Doppiatore di grandissimo livello. Si sente di dare un consiglio a chi vuole intraprendere questa strada?

In questo mondo c’è spazio per tutti, per chi ha la voce, diciamo, “bella” e chi non ce l’ha. Lo dico sempre a chi mi chiede: “Mi dicono che ho una bella voce e che dovrei fare il doppiaggio. Posso farlo, secondo lei?”. Non è un problema di voce. Così come nel cinema ci sono attori “belli” e attori meno “belli”, così il doppiaggio avrà bisogno di voci “belle” e meno “belle”. Non è un problema di voce, ripeto, ma di saper recitare. Perché questo vuol dire doppiare: recitare. E farlo con una difficoltà che richiede molto studio e pratica per essere superata: devi recitare in sincrono con i movimenti della bocca del tuo attore. E la cosa è piuttosto complessa. Quindi ragazzi che volete diventare doppiatori: scuola di recitazione e poi di doppiaggio!

C’è un’esperienza lavorativa passata che non rifarebbe?

No. Non rimpiango mai quello che faccio. Mi è successo di rimpiangere di NON aver fatto. Mi riferisco, ad esempio, a una cosa successa molti anni fa. Mi chiesero di fare un musical in teatro: Barnum. Avrei avuto un ruolo piuttosto bello e la possibilità di fare lo standby di Massimo Ranieri, che faceva il protagonista. Avrei cioè dovuto preparami per poter sostituire Massimo per qualunque evenienza. Quindi sarei andato con lui al circo Orfei, per imparare a camminare su una fune a tre metri di altezza e altre acrobazie, avrei imparato le stesse canzoni, recitato con Ottavia Piccolo che era la protagonista femminile. Rifiutai perché era appena uscito in televisione uno sceneggiato di cui ero protagonista (Storia di Anna) e mi sembrava di poter aspirare a qualcosa di meglio. Mi sono pentito, sarebbe stata un’esperienza indimenticabile.

Un regista con il quale vorrebbe un domani lavorare?

Sono rimasto folgorato da In treatment, la serie Sky con Castellitto. Gli attori sono stati tutti straordinari e quand’è così vuol dire che il regista è straordinario. Parlo di Saverio Costanzo.

C’è un personaggio storico o contemporaneo che vorrebbe interpretare?

Sicuramente Giuseppe Fava, il giornalista ucciso dalla mafia il 5 agosto 1984. Siciliano, come me, ha dato la vita per difendere I propri ideali. Un eroe del nostro tempo, con il suo grande coraggio e la sua straodinaria umanità. Che cosa provava Pippo? Cosa sentiva, quando sapeva di mettere a repentaglio la sua vità dicendo quelle scomode verità? Avere la possibilità di vivere queste emozioni e di rendere merito a un uomo così straordinario è il mio sogno.

Sarà uno dei protagonisti della seconda stagione de Le tre rose di Eva. Cosa può dirci del suo personaggio?

Personaggio fantastico. Su di lui un mistero. Chi è quest’uomo? Cosa nasconde? Perché sa tante cose della famiglia? Ne fa parte? Una storia, la sua, che resta tesa e misteriosa, appunto, fino a...

La prima stagione ha avuto uno straordinario successo. Secondo Lei quali i motivi di questo successo?

Penso all’entusiasmo con cui ho letto la sceneggiatura. Raramente mi capita di leggerne qualcuna e di rimanere col fiato sospeso per sapere come la storia prosegue, come va a finire. Ecco, credo che la storia fosse particolarmente affascinante e poi con quel meraviglioso cast…

Quanto del suo carattere c’è nel personaggio che interpreta ne “Le tre rose di Eva"?

Abbastanza, direi.  Il mio personaggio è solare, coraggioso, aperto. Qualità, senza voler peccare di presunzione, che mi appartengono.

Secondo Lei è importante mettere del “proprio” nei personaggi che si interpretano o è assolutamente da evitare?

Beh, è un discorso lungo. Per semplificare direi che, fermo restando che un personaggio “è altro da noi”, un attore non può prescindere da sé, dalla sua storia, dal suo vissuto. Non c’è personaggio che abbia interpretato che non mi riguardi in qualche modo. Vuoi perché era una parte di me, o una persona che avevo conosciuto.

Quanto secondo Lei per riuscire in questo mestiere è fondamentale la preparazione?

La preparazione è importante ovviamente. Ma per fare questo lavoro, bisogna essere dei “predestinati”. Voglio dire che il talento non si inventa, o ce l’hai o non ce l’hai. Puoi studiare quanto vuoi, ma se non hai talento, non riuscirai. Detto questo, trovo insopportabile vedere alcuni colleghi che hanno successo per quel talento che dicevo e che non studiano, pensando che il talento sia tutto. Solo quando alla “predestinazione” aggiungi lo studio e il rigore, diventi un grande attore.

Può raccontarci un aneddoto del suo inizio carriera?

Beh, sono tanti. Ma uno forse mi è rimasto impresso più di tutti. E’ il 1980, sono appena arrivato a Roma per tentare di fare questo lavoro. Ho conosciuto la compagna di Stefano Satta Flores, un grande attore di quel tempo, e lei mi consiglia di andarlo a trovare in una sala di incisione dove Stefano sta doppiando Dudley Moore nel film “Ten”. Vado. Il direttore di doppiaggio è Mario Maldesi, uno dei più grandi direttori di sempre. Mario avvisa Stefano, che è in sala (e che non mi ha mai visto in vita sua), che sono arrivato. Lui mi viene incontro e mi abbraccia dicendomi: “Mario come stai, abbracciami!“. E rivolgendosi al direttore: “Questo ragazzo è un attore straordinario, fagli un provino”. Sono senza parole! Non mi ha mai visto eppure finge di essere un grande amico, per impressionare il direttore di doppiaggio. Infatti faccio il provino, che va molto bene e, poco tempo dopo, mi chiedono un contratto di esclusiva. Devo tutto a quel grande attore, a quella meravigliosa sceneggiata!

C’è un attore emergente che apprezza particolarmente?

Fra tanti, che nessuno si offenda per favore, Domenico Balsamo. E’ stato mio figlio in L'onore e il rispetto. E’ veramente un giovane attore fantastico. Oltre che un grande amico.

Secondo Lei, quali caratteristiche deve avere un attore per riuscire in questo campo?

Deve credere nei sogni. Sì, proprio così, deve credere nei sogni, nelle favole. Perchè è questo che vuol dire fare l’attore: vivere una favola. E la favola va cercata senza sosta, dovunque, dove meno te l’aspetti. Crederci, crederci sempre, senza abbattersi. Senza questa folle determinazione, il resto non serve a niente.

Quali progetti ha in serbo per il futuro?

Un film di Giulio Base con Francesco Pannofino. Non vedo l’ora di cominciare...

© TvSoap.it - Riproduzione vietata

(Pubblicato il 24 luglio 2013)


 


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