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Tempesta d'amore: Tv Soap intervista DAVID PARYLA (Martin Windgassen)

Di tutte le interviste che abbiamo realizzato con gli attori di Tempesta d'amore, quella che state per leggere è sicuramente la più "italiana" di tutte! Infatti David Paryla, che nella soap interpreta il ruolo di Martin Windgassen, è cresciuto in Italia dove ha studiato ed anche lavorato (non troppo tempo fa lo abbiamo visto in un ruolo guest nella fiction "I Cesaroni"). Ecco cosa ci ha raccontato...

Di Elisa Chieno per TvSoap.it. Riproduzione vietata. Foto ARD / Ann Paur

Ciao David! Prima di tutto, grazie per il tuo tempo. Iniziamo parlando del tuo personaggio: Martin è arrivato da pochi mesi nelle puntate italiane e stiamo ancora imparando a conoscerlo: come lo descriveresti?

Martin è il migliore amico di Xaver ed esattamente come lui era un tipo un po’ spavaldo, un po’ matto. Le cose cambiano quando, avendo bisogno di soldi, inizia a lavorare come giardiniere per Doris Van Norden: lei era una donna molto intrigante e anche se lui era molto più giovane iniziano una relazione. Il problema è che il marito di lei, Günther Van Norden, li sorprende in flagrante mentre sono a letto insieme e ovviamente non la prende bene… Ovviamente furioso, Günther cerca di ammazzarmi… al che io per difendermi lo spingo: lui e sbatte la testa e muore. Tutto questo accadde otto anni prima del mio ingresso in scena. Io volevo andare alla polizia, ma Doris mi dice “No, non ci andare. Se esce fuori questa storia, entro in cattiva luce con la società”. Io, però, sono tormentato dai sensi di colpa… e mi faccio prete! Ecco la mia storia.

Quindi Martin è un prete un po’ particolare…

Sicuramente! Martin è arrivato al sacerdozio per delle vie che non sono certo quelle “classiche”. Insomma, non era predisposto per diventare un ecclesiasta.

E infatti poi si vede…

Appunto!

Quanto c’è di David in Martin e viceversa?

Molto! Con il formato della soap non hai molto tanto tempo per riflettere o crearti un’anima nuova: hai ritmi nuovi, tutto nuovo perciò io do molto di me stesso, di come sono nella vita reale. In questo modo è più semplice, ma anche più naturale e penso che di conseguenza arrivi di più al pubblico. Poi ovviamente non siamo identici: io sono uno più pazzerello nella vita, che ama fare gli scherzi, mentre Martin è uno molto preciso, che si controlla all’interno della società, della comunità. Insomma, io sono sicuramente un po’ più estroverso, ma mi ritrovo comunque in lui.

È stata una grande sorpresa per te quando hai scoperto che avevi ottenuto il ruolo?

Sì, non me l’aspettavo proprio. Anzi, in quel periodo stavo organizzando un viaggio in India: avevo appena terminato la tournée dell’anno scorso con Glauco Mauri (in “Quello che prende gli schiaffi”) e avevo decide di fare qualcosa da solo con uno zaino in spalla… e invece sono finito a fare esattamente l’opposto! Mi ritrovo in un sistema chiuso in cui ti devi svegliare alle sei del mattino, torni a casa la sera distrutto… insomma, tutto il contrario di quello che avevo in mente di fare.

Come ti è venuta l’idea di proporti per questo ruolo?

Mona Seefried (che interpreta Charlotte Saalfed) è un’amica di famiglia e mi ha avvertito che stavano cercando degli interpreti per nuovi personaggi, tra cui Martin. Lei mi aveva visto in alcune rappresentazioni teatrali e a quanto pare le avevo dato l’impressione di essere un tipo un po’ dannato, un po’ misterioso, insomma la persona che si intuisce abbia qualcosa da nascondere… Di conseguenza ha pensato che Martin fosse perfetto per me e mi ha convinto a mandare il materiale. Dopo un po’ mi hanno chiamato per un provino e a quanto pare li ho convinti, perché mi hanno telefonato per comunicarmi che mi avevano presto… pochissimo prima che partissi per l’India!

E quindi è saltato il viaggio…

Eh sì, è saltato…

E sei poi mai andato in India?

No, mai… e quando? Qui non c’è mai tempo… (spiega ridendo)

Ti era mai capitato in passato di interpretare ruoli simili?

Un ruolo ecclesiastico? Fammi pensare… Ho fatto l’Amleto, che mi ricorda per molti versi me lo ricorda…

In che senso?

Beh, Amleto è una persona molto spirituale… e per certi versi mi ricorda molto Martin, anche se certamente non è un sacerdote. Non so, forse sono io che interpreto Martin non come un prete, ma come una persona più spirituale… Per il resto devo dire che normalmente ho interpretato personaggi molto diversi, anzi principalmente pazzerelli, come il Puck in “Sogno di una notte di mezz’estate”.

Come giudichi la trama che coinvolge Martin? Trovi coraggiosa la scelta di parlare dei sentimenti di un religioso in una soap opera?

Io credo che innamorarsi sia umano e tutto ciò che è umano dovrebbe venire accettato. D’altronde in molte correnti protestanti i sacerdoti si possono sposare. Io non sono cresciuto in Chiesa e non condivido certi dogmi…

Martin è coinvolto in un triangolo con Kira (Mareike Lindenmeyer) e Xaver (Jan van Weyde): hai trovato quest’intreccio stimolante come attore?

Assolutamente sì! Estremamente divertente… non sai mai quello che può succedere! Tra l’altro devo dire che nella vita non mi è mai accaduto nulla del genere, perciò è stato interessante scoprirlo attraverso il mio personaggio.

Sai già come andrà a finire?

So come andrà a finire il triangolo, ma non so come andrà a finire la mia storia, quella di Martin insomma.

Conoscevi già Mareike e Jan?

No, mai. Li ho conosciuti qui. Jan in particolare l’ho conosciuto ai provini…

Avete  fatto il provino insieme?

Sì,  qui in Germania fanno una cosa fighissima: i provini li fai con gli attori con cui dovrai poi interagire se vieni scelto per il ruolo. In questo modo, oltre a vedere come entri tu nel personaggio, si può valutare anche la sintonia.

Com’è stato lavorare con loro? Quali sono le qualità di ognuno che normalmente apprezzi?

Con Jan mi sono trovato sin da subito benissimo: è un po’ pazzerello, sa giocare, improvvisa un sacco e in questo rispecchia un po’ il mio modo di essere… non in questo personaggio, ma quella che è la mia anima. Di conseguenza ci capiamo molto bene è c’è il gioco di azione e reazione.

Con Mareike invece ci abbiamo messo un po’ più di tempo per ritrovarci. Siamo molto diversi: lei è estremamente riservata, io più estroverso… più italiano! (aggiunge ridendo) E lei all’inizio non capiva. Probabilmente pensava “Oddio, cosa sta facendo questo?” e un po’ si difendeva. Adesso però devo dire che mi trovo davvero bene.

Martin si ritrova ad essere rivale in amore del suo migliore amico: tu tra amicizia e amore cosa sceglieresti? Rinunceresti ad una ragazza per salvare il rapporto con un amico?

È difficile rispondere: dipende da quello che si prova in quel momento. Credo che cercherei di salvare entrambi. Poi ovviamente dipende da quanto l’amore è amore e da quanto l’amico è amico. È davvero relativa come cosa.

Se ne avessi la possibilità, quale storia scriveresti per Martin?

Un po’ di tempo fa ho fatto un salto “su in alto” dove scrivono le storie ed ho chiesto cosa sarebbe successo a Martin e loro mi hanno risposto “Non lo sappiamo ancora”. Però leggevo nei loro occhi che già qualcosa avevano in mente. Allora io ho proposto, perché lo ritenevo interessante, che lui rimanesse il più possibile prete. Per il semplice motivo che se lui adesso buttasse tutto all’aria e ritirasse i voti, diventerebbe un giovane “normale” come tutti gli altri. Invece così rimarrebbe qualcosa di particolare, interessante, ancora più intrigante. Ad esempio lui è continuamente tormentato dai rimorsi per la morte del marito di Doris e continua ad avere questi flashback... Ed io trovo davvero interessante che lui  dopo tutti questi anni stia ancora patendo, continui ad esorcizzare.

Normalmente quanto in anticipo conoscete le trame?

Dipende. Se uno vuole va “su” e si informa, ma a me piace tenermi la sorpresa.

Sei nato in Germania, ma vivi ormai in Italia da molti anni…

Sì, sono nato qui a Monaco, ma quando avevo cinque anni mi sono trasferito in Italia con mia madre e mia sorella e lì sono cresciuto: ho frequentato la scuola germanica di Roma insieme ad una “scuola di incontro”.

I tuoi genitori sono entrambi tedeschi?

Mia madre è tedesca, di Bielefeld. Mio padre invece è nato in Svizzera, ma in realtà è austriaco. Il nostro cognome – Paryla – sembra spagnolo… in realtà suo nonno credo fosse polacco e la nonna invece una vera “zingara” dei Balcani.

Ti senti più tedesco o italiano?

Me lo chiedono tutti e non è una risposta semplice. Ad esempio sono vissuto in Italia nel periodo dai 12 fino ai 18 anni in cui aggiustavo specialini e vespe e ci sono alcune tematiche che non saprei come affrontare in tedesco perché le ho vissute in italiano… come ad esempio giocare a pallone.

Ma ad esempio in che lingua sogni?

Dipende. Se sogno mia madre la sogno in tedesco… se ad esempio sogno una persona conosciuta in Italia la sogno in Italiano. Insomma, è complicato.

Avevi già lavorato prima  nel tuo Paese natale?

Questa è la prima volta che lavoro su serio in Germania. In precedenza avevo preso parte ad alcuni spettacoli, ma tutte esperienze a breve termine. Due anni fa a Belino ho preso parte allo “Jedermann” dove ho interpretato il diavolo… insomma, l’opposto di Martin adesso. E l’anno scorso ad Amburgo ho di fatto nuovo l’Amleto.

Hai trovato delle differenze nel modo di fare teatro in Germania rispetto all’Italia?

Assolutamente sì. La cultura è diversa e l’approccio… beh, in effetti quello non è completamente diverso: il lavoro sul teatro stesso è simile, ma le persone cambiano ed è diverso l’approccio alla lingua. È difficile da spiegare: la lingua ti dà diverse sensazioni. È come con i colori: magari a te un colore suscita un’emozione e a me invece ne suscita altre. La stessa cosa è quando dici una frase in tedesco o in italiano… devi “switchare”. È come quando dal teatro passi alla televisione: devi passare da gesti grandi al minimalismo. E la stessa cosa devi fare da una lingua o una cultura ad un’altra.

Hai trovato delle differenze nella scuola di recitazione italiana e quella tedesca? Hai notato delle differenze di formazione rispetto ai tuoi colleghi?

Io ho studiato recitazione solo in Italia, quindi non saprei dire se ci sono delle differenze. Ad esempio non ho mai lavorato in formato come questo di “Tempesta d’amore” in Italia. Ho fatto “I Cesaroni”, ma è decisamente un altro livello… Comunque credo alla fine l’approccio dell’attore sia lo stesso: è solo per me che sono bilingue che bisogna saper “switchare” da un momento all’altro.

Oltre che attore, hai lavorato anche come doppiatore: perché non hai doppiato tu il tuo personaggio nelle puntate italiane?

L’ho chiesto, ma è impossibile perché doppiano in sede in Italia e quindi dovrei fare avanti e indietro. Sarà strano sentire Martin con un’altra voce… anche per Lorenzo Patanè (Robert Saalfeld) e Michele Oliveri (Julius König) è stata la stessa cosa.

Con Patané e Oliveri sei il terzo italo-tedesco sul set di Tempesta: trovi curiosa la cosa?

Sì, è curioso, ma d’altronde qui siamo nel sud della Germania… praticamente siamo nel nord Italia. La cosa curiosa è che Michele ha una storia opposta alla mia: è nato in Italia e poi si è trasferito in Germania da bambino.

Quando hai deciso di diventare attore?

Non ho mai “deciso”: ci sono un po’ capitato. Devo aggiungere che la mia famiglia è una famiglia di attori, quindi prima o poi ci sarei cascato anch’io. Dopo il liceo non sapevo cosa fare della mia vita e mi sono trasferito a Londra… così! Volevo staccare dalla famiglia, da tutto e capire cosa volevo fare. Mio padre aveva sempre detto “Lui diventerà, lui farà…” ma io pur avendo sempre un interesse per stare sempre al centro dell’attenzione, sentivo che volevo anche fare dell’altro. Sono tornato da Londra molto depresso… più depresso di prima e non sapevo assolutamente cosa fare. In Italia avevo solo mia madre e mia sorella perché mio padre non ci aveva seguiti e mi mancava un po’ una figura paterna. E così mia madre un giorno mi disse “Va a trovare Gabriele Ferzetti”. È un attore di teatro, televisione e cinema… un pezzo grosso dell’epoca di Mastroianni, con cui era in competizione. Ho iniziato a lavorare con lui in privato e poi quando diventò docente in una scuola di recitazione mi spronò a fare un provino per entrarvi. Io ero molto timido ed introverso e non volevo confrontarmi con nessuno, ma mi sono lasciato convincere ed è andata bene. All’epoca avevo 20-21 anni ed ho così iniziato a frequentare questa scuola, la “Libera accademia del sogno”: una scuola privata, ma molto buona con la direzione artistica di Anna Mazzamauro, Ennio Contorti, Paolo Ferrari. Ci sono grandi attori che però non sanno insegnare, mentre loro erano eccezionali perché oltre a saper recitare erano dei grandissimi insegnanti. E da qui ho iniziato a lavorare in vari spettacoli.

Prima di intraprendere questa strada avevi un sogno nel cassetto, un lavoro che sognavi da fare fin da bambino?

Mi piacciono gli animali, il contatto con la natura, il mare… quindi avrei voluto fare qualcosa con biologia. Infatti avevo scelto come materia principale – allora c’era ancora il sistema bavarese in cui potevi scegliere i vari insegnamenti – proprio biologia.

C’è qualche attore o attrice che ha rappresentato (o ancora rappresenta) per te un esempio?

Ce ne sono molti: ognuno diversamente nei propri ruoli. Ad esempio Marlon Brando mi ha sempre affascinato. Però ad esempio le commedie di Tom Hanks... Marlon Brando non le potrebbe mai fare! Quindi se mai un giorno dovessi cimentarmi in quel genere, allora sceglierei un Tom Hanks.

Com’è lavorare in una soap? Trovi la routine quotidiana particolarmente faticosa?

Non fa per me. Io vengo dal teatro e in Italia gli spettacoli finiscono molto tardi: finito lo spettacolo vai a mangiare e fai tipo le due ogni notte. Qui è tutto l’opposto e quindi ho dovuto un attimino cambiare il mio orologio biologico: questo è stato il primo “handicap”. E poi i testi da imparare a memoria da un giorno all’altro sono una cosa pazzesca: ancora adesso non so come ci sto riuscendo…

Studi i testi il giorno prima?

A dire il vero li inizio a studiare molto prima, ma poi me li rileggo giorno per giorno in modo che pian piano mi rimangono in mente e arrivo alla scena senza l’ansia.

Hai lavorato sia nella televisione che nel teatro: Quale dei due mondi ami di più?

Sicuramente il teatro… oppure un film, ma un “film-film-film”.

E di “film-film-film” ne hai fatti?

No, non ho fatto nessun tipo di film, però penso che sia un’esperienza molto simile al teatro. Mi spiego: c’è una crescita, c’è un inizio ed una fine… mentre qui non finisce mai niente. Però ovviamente ti manca l’energia, il pubblico, lo scontro azione-reazione che hai solo in teatro.

Quindi recitare di fronte a molte persone non ti mette in soggezione…

No, anzi: al massimo è la telecamera che mi mette in soggezione. Quando sono in teatro mi immagino il teatro nudo, c’è la famosa quarta parete, posso permettermi di fare quello che voglio perché è il mio personaggio. E invece qua devi essere naturale, essere te stesso… essere un’anima: non puoi entrare in personaggi troppo estroversi. La telecamera di guarda dentro, ti guarda l’anima e se hai un’insicurezza si vede. E questo mi mette un po’ di paura: è molto più semplice nel teatro.

Cosa consiglieresti ai giovani che sognano di diventare attori?

Se non hanno soldi ed una famiglia che li appoggia, dovrebbero prima cambiare Paese: andare a Londra per fare teatro o in Francia per fare televisione. Ma dovrebbero sicuramente imparare tante lingue, perché purtroppo in Italia la cultura non viene sovvenzionata. E il teatro, l’attore e l’artista in genere solitamente non vengono considerati come professioni. A volte capita che ti chiedano: “Cosa fai nella vita?”. “L’attore”. “Sì, ma di lavoro vero?”... E lì ti rendi conto della poca importanza che danno al nostro lavoro, che qui invece viene rispettato molto di più come una professione.

Secondo te perché e così?

In Italia è colpa della televisione, che fa vedere sempre più schifezze e così la gente pensa “Ah è questo che fa un attore? Lo posso fare anch’io” e invece non si rende conto che in teatro è diverso. Anche se non tutti i teatri in Italia sono allo stesso livello…

Avevi già lavorato con alcuni dei tuoi attuali colleghi prima di "Tempesta d’amore"?

No, nessuno.

Conoscevi già la soap?

No. Sapevo che Mona lavorava in una soap opera, ma sinceramente non avevo bene idea di cosa si trattasse.

Quindi deduco che non avessi mai visto una puntata prima…

È capitato di vederne qualche stralcio di puntata facendo zapping sul divano, ma ho “scoperto” Tempesta d'amore lavorandoci qui.

Riguardi le puntate una volta girate?

Sì, ma solo le scene in cui ci sono io: vedo quello che ho fatto, so come mi sentivo in quel momento e so che la prossima volta lo rifarei diversamente, riconosco i miei difetti e lavoro su di me.

C’è una scena tra quelle da te girate per “Tempesta d’amore” che preferisci in assoluto?

Ce n’è una in cui ripeto per l’ennesima volta a Mareike che tra noi non ci potrà mai essere nulla. In realtà non è la scena in sé che mi piace, ma il modo in cui sono riuscito a renderla.

Ce n’è invece un’altra che amo molto ed è una delle prime che ho girato: la mia confessione con il vescovo. L’avevo imparata molto bene perché all’inizio mi davano più tempo, mentre ora mentre giri hai già i copioni per la settimana dopo. E così mi sono preparato talmente bene che sono riuscito a renderla benissimo… o almeno spero! E tra l’altro mi sono anche particolarmente divertito.

Hai una scenografia preferita?

Martin ha la sua cappella, ma in realtà amo molto le esterne: mi divertono molto di più.

Anche in inverno?

In effetti il freddo è un problema, perché si fa fatica a parlare.

Normalmente quante volte rigirate le scene?

Con me molte volte, perché sono uno che commette parecchi errori. Ma normalmente sarebbe una volta sola. O meglio due: la prima è una prova posizioni, prova luci e non riguarda nemmeno necessariamente gli attori. E poi la seconda è la prova generale in cui si gira.

In generale,  cosa ami particolarmente di "Tempesta d’amore"?

L’ambiente mi piace molto: questo stare insieme tra tecnici e attori. Anche se in effetti l’ho in parte riscontrato anche ne “I Cesaroni”. Gente che si vede tutti i giorni dalla mattina alla sera dovrebbe prima o poi uccidersi, invece qui sembra che nessuno si voglia veramente male. Ovviamente ogni tanto ci sono delle divergenze, ma c’è sempre l’impegno nel volersi bene. Forse proprio perché si sa che è un lavoro difficile.

C’è qualcosa che ti ha sorpreso del lavorare in una soap?

Io sono uno che tende ad immaginarsi tutto più complesso e difficile di quanto sia poi in realtà, però  devo dire che alla fine è più o meno come me l’aspettavo. Ecco, forse mi aspettato un po’ più tempo per provare.

Cosa pensi della fama? La ritieni qualcosa di positivo o negativo?

Nel mio caso è  positivo perché vai avanti nel lavoro, fai più conoscenze e lavori di più. Però la fama di per sé non mi interessa: sono una persona molto spirituale e non mi dà niente. Anzi, al contrario: mi limita.

Utilizzi spesso i social network? In che modo ti tieni in contatto con i tuoi fan?

Purtroppo sì: ho iniziato e adesso non ne esco più. Ho cominciato a rispondere a delle persone e adesso che sentono il feedback da parte mia mi scrivono in continuazione, mi scrivono dei romanzi, c’è gente che mi vuole sposare… oppure pensano che io sia davvero un prete e si vogliono confessare con me! (Aggiunge ridendo) E per il momento sono solo fan tedeschi… Temo che quando prenderanno piede le puntate in Italia sarà ancora peggio.

Nel tuo futuro pensi di tornare in Italia o rimanere in Germania o entrambi?

Mi lascio sorprendere. Come stile di vita preferisco l’Italia, però come attore qui in Germania ci sono indubbiamente più possibilità.

Per finire, dove ti vedi tra dieci anni? C’è un sogno in particolare che vorresti realizzare?

Sì, ce l’ho un sogno: quello della biologia, della natura di cui ti avevo parlato prima. Lì mi vedo, la mia anima è lì… però nella società ora sono un attore: questo è quello che faccio e so fare, sono onesto.

Ma che lavoro ti piacerebbe fare legato alla biologia: professore, veterinario, guardacaccia?

Non riguarda un lavoro, ma un’idea di come io mi vedo nella natura. La società da una parte ed io immerso nella natura: solo questo.

© TvSoap.it - Riproduzione vietata

(Pubblicato l'11 maggio 2013)


 


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